Primož Jakopin
Stojan Sancin
il Babbo Natale di Boljunec (Bagnoli della Rosandra)
nella grotta Ocizeljska pečina, 2004
Chi è Stojan Sancin?
Sono nato il 19 gennaio 1947 a Log presso Ricmanje (San Giuseppe della Chiusa) dai miei genitori
Carlo Sancin, un tornitore di Škedenj (Servola), e Dorka Žuljan, una sarta di Ricmanje
(San Giuseppe della Chiusa).
Dopo aver frequentato la scuola elementare a Ricmanje e la scuola media inferiore e superiore
a Trieste, mi sono laureato in chimica nel 1970 presso l'Università degli Studi di Trieste con una tesi
dal titolo Interazioni tra iodio e derivati dell'amilosio in soluzione acquosa. Si tratta di come,
sotto l'influenza dello iodio, a diverse concentrazioni (e temperature), la struttura a spirale
delle molecole dei derivati dell'amilasi si trasforma in un gomitolo, e con essa, ovviamente,
le proprietà di questo composto. Ho insegnato matematica nelle scuole medie della provincia di
Trieste: a Nabrežina (Aurisina), a Opčine (Opicina) e a Dolina dove sono rimasto fino al mio pensionamento.
Dal 1975 per vent’anni sono stato consigliere del Comune di San Dorligo della Valle (Dolina).
La tesi era interessante?
Non troppo, l'elenco dei titoli tra cui potevamo scegliere era piuttosto breve.
Per quasi un anno intero, dopo gli esami, svolgevo vari lavori nei laboratori della Facoltà,
ma almeno il vantaggio è stato che da quello ne è scaturita una tesi.
Cos'altro ti interessava di più della chimica?
Come cambia una sostanza da una forma all'altra, da un composto all'altro.
Un esempio è il polipropilene e
cosa se ne può fare …
Al liceo facevi anche molto sport. Come è stato?
Non c'era nessun club sloveno di atletica leggera a Trieste. Ecco perché nel 1963
abbiamo fondato la sezione di atletica leggera presso l'Associazione Sportiva Bor. Avevamo
un programma di atletica olimpica. Mi interessava correre. C'erano solo due discipline della corsa,
i 600 m e i 1.200 m. Ho gareggiato in entrambe: ci allenavamo durante la settimana, la domenica
c'erano le gare ed alla fine della stagione il campionato. Nell'autunno del 1963 sono stato
campione giovanile del Friuli Venezia Giulia in questo sport. Il campionato si tenne a Trieste
e sui 1.200 m ho ottenuto il tempo di 3:20,8.
Quando ho smesso di gareggiare sono stato coinvolto nell'organizzazione delle gare.
Cosa ti ha portato alla speleologia?
La curiosità mi ha portato alle grotte. Vivo nella valle del fiume carsico Glinščica (Rosandra)
e il carso inizia a dieci metri dalla casa dove vive il mio amico e, si potrebbe dire, compagno di vita
speleologica Claudio Bratos. La prima grotta che ho visitato all'età di dieci anni è stata la
Jama netopirjev (Grotta dei Pipistrelli) lungo la ferrovia Trieste-Kozina. Se a quel tempo avremmo
avuto un’associazione speleologica slovena a Trieste, non avrei mai praticato l’atletica. All'epoca
per visitare una grotta più seria con la tecnica della scala in corda era necessario un numero maggiore
di persone, quindi era impensabile che un piccolo gruppo, diciamo di solo due persone, potesse scendere
nelle grotte. Nel 1978, quando è nata la tecnica in corda singola, io e Claudio che era dieci anni
più giovane di me, abbiamo potuto iniziare a fare speleologia da soli, senza la necessità di aver
alle spalle un gruppo numeroso.
Lo SPD Trst (l'Associazione Alpina Slovena di Trieste), fondato nel 1904,
si dedicava saltuariamente anche alla speleologia, cosicché nel 1979 Claudio ed io abbiamo fondato
la sezione speleologica, lo JOSPD Trst. Quando ho iniziato a fare speleologia,
ovviamente, ho smesso di correre.
Quando avete iniziato a visitare il carso di alta montagna?
Su iniziativa di France Šušteršič negli anni '80, un gruppo di speleologi si recò sul
Kanin (Monte Canin) e si trovò di fronte a una moltitudine di fenomeni carsici.
France pubblicò sul quotidiano Delo un breve articolo sulla spedizione che ha impressionato
un numeroso gruppo di speleologi sloveni di varie associazioni, tra cui anche me (in quel tempo
Claudio si prendeva cura della figlia appena nata), cosicché siamo andati sul Kanin.
Avevamo 300 metri di corda, ma abbiamo esplorato solo alcune grotte poco profonde, la più
profonda di 40 metri. Utilizzavamo già la tecnica in corda singola.
Da allora, andavamo sempre sul Kanin a volte più frequentemente, a volte meno.
E che dire di Bohinj?
Negli anni novanta abbiamo avuto nella nostra sezione per un po' di tempo sei speleo sub.
Abbiamo ottenuto un elenco delle sorgenti carsiche in Slovenia. Sulla base dell'ipotesi che la
sorgente possa essere un sifone, abbiamo poi trovato un sifone dietro la sorgente Kropa
(presso il Partizanski dom, un affluente laterale del Kropa) a Bohinj a 50 metri di profondità e
200 metri di lunghezza. Abbiamo anche trovato una continuazione nella Jama pod naravnim mostom
(Grotta sotto il ponte naturale).
A Jezerine invece dopo un breve sifone abbiamo trovato più di un chilometro di grotta.
Come sei riuscito a conciliare la vita familiare con la speleologia?
Era una piccola guerra quotidiana.
Hai mai portato Grazia, la tua attuale compagna, in grotta?
Non vuole nemmeno sentirne parlare. Le piace andare in montagna, su un sentiero solido
e largo, ma non su vie ferrate, nemmeno per un metro.
In quante grotte sei già stato?
Tutto sommato, tra quelle già note e quelle nuove, abbiamo visitato circa 2.000 grotte.
Quante grotte nuove avete scoperto tu e Claudio?
Al Catasto delle Grotte (sloveno) ne abbiamo consegnate circa 500, ma nel nostro archivio
interno ne abbiamo ancora almeno 500.
Quale grotta ricordi di più?
Jama v Ocizli (Grotta di Occisla).
In quali grotte italiane sei stato?
Abbiamo consegnato alcune dozzine di grotte al Catasto delle Grotte del Friuli Venezia Giulia.
A Trieste ci sono 10 associazioni speleologiche, il territorio è piccolo e completamente sfruttato,
e tra le associazioni c'è una forte concorrenza. Senza mezzi tecnici (allargamento delle strettoie)
non è possibile trovare nulla di nuovo, ma le associazioni sono gestite da persone che si
occupano più di amministrazione che del problema pratico di come ottenere i permessi per utilizzare
i mezzi tecnici. Tuttavia, poiché in Slovenia c'era anche un desiderio delle associazioni speleologiche
per la divisione del territorio, nella nostra sezione ci siamo concentrati sui luoghi per i quali
non c'era interesse. In Italia la nostra sezione ha guadagnato la sua reputazione principalmente
con la ricerca delle risorse idriche nel bacino del fiume Glinščica (Rosandra).
Non ho visitato le grotte in nessun'altra parte d'Italia.
E fuori dalla Slovenia e Italia?
Neanche.
Che ricordi hai del tuo lavoro nella Jamarska zveza Slovenije (Federazione Speleologica Slovena)?
Ci sono state più volte opinioni diverse. Principalmente ho cercato di non lasciare che le
diverse opinioni si trasformassero in irrimediabili disaccordi. In qualità di supervisore mi sono
sforzato di gestire le cose in silenzio, senza fare rumore. Nelle Assemblee generali non si risolvono
le cose, ma possono essere confermate solo se sono state concordate in precedenza.
Nelle Assemblee generali si possono fare due cose: si celebrano i successi raggiunti
e si pianifica il lavoro da svolgere. L’Assemblea generale non è adatta per altre decisioni che
invece devono essere concordate prima. È successo due volte che la Federazione Speleologica Slovena
sia quasi andata a pezzi: una volta a Prebold, quando c'è stata una proposta per rendere indipendente
la Jamarska zveza Primorske (Federazione Speleologica del Litorale). La proposta è stata buttata
lì alla cieca e nessuno sapeva bene per cosa votava. Per la differenza di pochi voti, la Federazione
speleologica è rimasta unita. Durante tali tragedie di solito accadono anche cose comiche.
Per es. durante questa votazione lo chef entrò nella sala con un mestolo in mano annunciando che il
pranzo era pronto. All'Assemblea generale a Postojna (Postumia), se ricordo bene, è stata avanzata
una proposta simile per l'indipendenza del Soccorso Speleologico. In qualità di presidente
dell'Assemblea generale, ho cambiato la parola proposta da “indipendente” ad “autonoma”. Ovviamente
questa proposta è stata accettata e la Federazione Speleologica è rimasta ancora una volta unita.
Quali sono state per te la più bella e la più brutta esperienza vissute in grotta?
Le scoperte ad Ocizla sono tra i miei ricordi più belli. All’inizio quando io e
Claudio abbiamo iniziato c’erano solo poche grotte di piccole dimensioni. Stiamo esplorando
quei posti tutt’oggi dal 1980.
Durante la nostra attività, le singole associazioni speleologiche (slovene)
proclamarono gran parte del territorio come loro ambito di ricerca, il che ha avuto su me e
Claudio un effetto positivo in quanto abbiamo deciso di esplorare gli inghiottitoi
del Matarsko Podolje. Le associazioni del Carso Classico avevano sempre molti soci che erano
subito pronti a dare una mano se fosse stato necessario riparare il tetto del rifugio speleologico
o fare qualcosa di simile, però non avevano il potere di impedirci l’esplorazione delle grotte
impegnative. Per i concetti di allora, questi inghiottiti, con i loro pozzi, strettoie e sifoni,
erano difficili. Abbiamo ricevuto molto aiuto da entrambe le associazioni speleologiche di Lubiana,
da quella di Capodistria, di Logatec, ma ci hanno sostenuto anche molte altre associazioni slovene.
Le grotte di Ocizla, se guardate da lontano, sono simili agli inghiottitoi di Matarsko Podolje.
In molti punti i cunicoli di Ocizla terminano con uno strato di sedimenti: grandi pietre rotonde sotto,
un po' più fini sopra, sabbia e fango nella parte superiore. Gli speleologi di Koper (Capodistria)
chiamano queste terminazioni con il nome “scivolo”, noi le chiamiamo “scivolo circolare“.
Qui durante la via del ritorno e sovente scivolare dall'alto verso il basso.
La regola è che la grotta non finisce mai. Dove ci sono i sifoni si può
passare, prima o poi, ma in realtà finiscono solo con uno crollo. La velocità con cui si
verificano i crolli può essere osservata nelle caverne della prima guerra mondiale: nella
maggior parte di queste l'ingresso più o meno è sempre crollato e le strettoie sono molto comuni.
Sia a Matarsko Podolje che altrove sono stati ottenuti dei buoni risultati grazie alle immersioni,
svuotando i sifoni con lunghi tubi e l’ausilio di una motopompa. Ho scoperto che dopo
l'incidente a Žankana jama (Grotta della Marna, anche Abisso Bertarelli), dove l'acqua
ha portato via due aiutanti (Karel e Blaž Božič), gli speleologi italiani
dell'anteguerra avevano paura dell'acqua (qualcosa di più in merito può essere letto su
https://www.boegan.it/2014/04/mariano-apollonio/
e in croato su https://hrcak.srce.hr/file/294346).
Quindi noi (JOSPDT) abbiamo deciso di provare la nostra fortuna proprio nel punto dove il cunicolo
sembra finire sott'acqua. Quando siamo arrivati al punto in cui il cunicolo finisce nell'acqua,
mi sono spogliato e mi sono tuffato in acqua fino al petto. Dopo ogni angolo c’era un altro cunicolo.
Pensando che presto sarebbe finito, corsi nudo lungo tutto il cunicolo. La galleria non finiva e
raggiunsi la fine (temporaneamente in un lago) solo dopo circa trecento metri. Non ho sentito né il
freddo né i colpi contro le rocce. Solo il giorno successivo mi accorsi di essere pieno di lividi.
Questo era successo nella grotta di Ocizla, ma subito dopo abbiamo scoperto una continuazione di
300 metri anche nella Jama pod naravnim mostom (Grotta sotto il ponte naturale):
una grotta orizzontale con molte vasche d’acqua che si possono superare solo nuotando
(ma questa volta ero in tuta speleo). Avevamo lampade a carburo ed un accendino su una corda
intorno al collo. Nelle vasche l'accendino doveva essere tenuto in bocca. Poiché non siamo
stati abbastanza attenti, l'acqua ci è arrivata fino in bocca, gli accendini si sono bagnati
e quindi come fonte di luce ci rimasero solo le lampade a carburo. Abbiamo mantenuto la
luce trasferendo la fiamma da una lampada all'altra quando una si spegneva. Le lampade
si spegnevano alternativamente, ma se si fossero spente entrambe nello stesso
momento, sarebbe finito tutto molto peggio.
Siccome eravamo sempre attenti, non è successo mai nulla di grave.
La vecchia regola dice che ovunque possa arrivare uno speleologo, di lì può anche
tornare indietro. La verità è che se non ti aiuti, non ne esci. Quindi arrivavamo sempre
solo fino al punto dal quale pensavamo che sarebbe stato ancora possibile tornare indietro.
Così lasciavamo sempre i possibili proseguimenti per le prossime uscite.
Che consiglio daresti a chiunque si stia avvicinando alla speleologia in Slovenia?
Domanda difficile. La speleologia, come l'abbiamo vissuta noi, non c'è più.
La vecchia speleologia si estinse con la scoperta della tecnica in corda singola.
L'illuminazione al carburo era sempre associata alla speleologia, ora invece c’è l'illuminazione a LED.
La metà del corso di speleologia era interamente dedicata alla lampada a carburo.
Le grotte erano meno profonde, non richiedevano molto impegno dagli speleologi.
Le profondità superiori ai 1000 metri oggi non sono niente di speciale e ci sono molte
grotte collegate al Reka (Timavo sotterraneo), una volta c’erano solo le Škocjanske jame
(Grotte di San Canziano) e la Labàdnica (Grotta di Trebiciano). Ora c'è un nuovo accesso in
superficie alle Škocjanske jame, la Kačna jama (Grotta dei Serpenti) in più punti, le grotte
Brezno v Kanjaducah, Jama Sežanske Reke, Jama v Stršinkni dolini, Labàdnica, Grotta Lazzaro Jerko
e grandi gallerie sommerse nelle sorgenti del Timavo. In Slovenia ci sono due club che garantiscono
la continuità, lo DZRJL e lo JKŽ, e molte associazioni con diverse persone molto attive.
Consiglierei ai futuri speleologi di unirsi a uno di questi due. I gruppi di Lubiana formano una cerchia
piuttosto chiusa, mentre gli altri sono più collaborativi.
Stojan con sua figlia Jelka, agosto 1980 a Prosek (Prosecco), foto di Zdenka Trampuž, la madre di Jelka
(pubblicata con permesso, fotografata dalla copia originale 10x15 cm e ritoccata dall'autore, colore corretto da Damjan Gerl)
Cosa diresti del flagello moderno, il coronavirus? Quanto tempo ancora?
Il corona è diventato lentamente parte della nostra vita. È qui per restare.
Infine, qualcosa di non speleologico, o forse no. Quale colore ti piace di più e perché?
Il colore rosso. Non saprei perché. Da sempre.
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Questa pagina, il testo e la prima foto sono di
Primož Jakopin.
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Ho cominciato a scrivere la pagina il 7 febbraio 2020; il coronavirus ha interrotto
i lavori da marzo a luglio, l'ultima modifica è stata fatta il 28 settembre,
la traduzione in italiano dall'1 al 9 ottobre 2020, con revisione di Damjan Gerl e Tania Pala.
La data di ultima modifica: 10 ottobre 2020.
URL: http://www.jakopin.net/portraits/Stojan_Sancin/index_it.php
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